domycol
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Prima se la prende con i coreani, poi con case tedesche per la politica aggressiva dei prezzi e adesso nuovamente con i tedeschi perchè vuole manforte per chiedere di drogare nuovamente il mercato!
L’amministratore delegato della Fiat torna a criticare i gruppi tedeschi Volkswagen, Daimler e BMW perché non condividono il suo sollecito all’Unione europea affinché conceda aiuti all’industria automobilistica per fare fronte ai problemi di sovracapacità.
DALL’ITALIA ALL’EUROPA - Al centro di un fuoco incrociato di strali polemici e contestazioni (o quanto meno di forti sollecitazioni a dire che cosa intende fare per gli stabilimenti in Italia), l’amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne (al centro nella foto qui sopra) pare voler aprire un altro fronte, o per lo meno distogliere l’attenzione mediatica dalle questioni italiane a quelle europee. Come riporta l'agenzia di stampa Reuters, dall’America, Marchionne ha infatti reiterato le sue accuse alle case tedesche colpevoli di non voler fare fronte comune per chiedere all’Unione europea un contributo nell’affrontare la questione della sovracapacità produttiva dell’industria automobilistica. Un’azione che da tempo Marchionne ritiene indispensabile e sollecita in qualità di presidente di turno dell’Acea, l’associazione dei costruttori d’auto in Europa.
DUE MONDI DIVERSI - Ai solleciti e alle prese di posizione dell’amministratore delegato della Fiat, i gruppi Volkswagen, Daimler e BMW fanno orecchie da mercanti o rispondono negativamente, argomentando con le loro situazioni, tutt’altro che affette da sovracapacità. In effetti mentre per Psa Peugeot Citroën, Renault, Fiat, Opel-GM e Ford il problema esiste ed è pesante, per i tre citati gruppi tedeschi la questione sembra meno presante.
FABBRICHE SOTTOUTILIZZATE - Secondo gli analisti (uno per tutti: l’agenzia di consulenza Alix Partners, che ha recentemente pubblicato uno studio in proposito) quattro stabilimenti su dieci esistenti in Europa soffrono pesantemente del problema di sovracapacità, ossia utilizzano gli impianti al di sotto del 75% delle loro capacità. E in questo quadro sono diversi gli impianti che da tale soglia sono molto lontani. Lo studio di Alix Partner per il 2012 avanza previsioni drammatiche per gli stabilimenti francesi e italiani: 60% il tasso di utilizzazione per i primi, del 54% per quelli in Italia. Con questi dati, peggio che preoccupanti, contrasta il dato medio delle fabbriche tedesche che è dell’89%.
GUADAGNI E PERDITE - Impressionati sono anche i dati relativi al conto economico per ogni auto prodotta. Secondo quanto elaborato dal Center of Automotive Research dell’Università di Duisburg Essen nel primo semestre di quest’anno la Peugeot ha perso 789 euro per veicolo venduto, mentre la Fiat ha “limitato” il danno a 142 euro. Ciò mentre la Volkswagen ha guadagnato 916 euro per veicolo; l’Audi 4.242 euro e la Porsche, addirittura, 16.826 euro.
LA VIA AMERICANA DI MARCHIONNE - Il puntare al contributo dell’Unione europea come sostiene Marchionne - e forse a maggior ragione perché sostenuto da Marchionne, CEO anche del gruppo Chrysler negli Stati Uniti - appare e probabilmente nasconde l’aspirazione ad avere un intervento pubblico del tipo di quello che la Chrysler e la General Motors hanno beneficiato all’esplodere della crisi nel 2008 e 2009. Un intervento che ha portato sì a un forte recupero del tasso di produttività e di utilizzazione degli stabilimenti (dal 63% all’89% di quest’anno) ma con la cancellazione di quattro marche da parte di GM, chiusura di 18 stabilimenti produttivi, la perdita di almeno ventimila posti di lavoro e con un costo per l’amministrazione pubblica pari a 27 miliardi di dollari.
SITUAZIONI MOLTO DIVERSE - I costruttori tedeschi non hanno bisogno di tali interventi pubblici, soprattutto grazie alla loro capacità di essere presenti un po’ in tutti gli scacchieri commerciali del mondo, mentre le altre case sono molto più condizionate dalle vendite nei Paesi del Vecchio Continente. E anche se non ragionano secondo il motto latino “mors tua vita mea”, certo non vedono ragioni per battersi per dare ai concorrenti aiuti che essi non hanno avuto.
CARENZA DI DIALOGO - In questo quadro non stupiscono le divergenze e gli scontri tra i due fronti. Per sostenere la sua tesi Marchionne pare far leva sui numeri produttivi e commerciali, ma pare non cercare in maniera convincente una via politico-diplomatica per ottenere la collaborazione di VW e soci, come dimostra l’episodio di qualche settimana fa, quando si lanciò in un duro attacco al gruppo Volkswagen a proposito della sua politica degli sconti, che costringerebbe a “un bagno di sangue” i concorrenti non forti su altri mercati extraeuropei. Dunque, una questione anche di rapporti politico-diplomatici. E in questo la vicenda europea trova punti in comune con il quadro italiano
fonte:alvolante!
PS: impressionante il dato di Pegeout! che perde più di 700€ per ogni auto venduta!
L’amministratore delegato della Fiat torna a criticare i gruppi tedeschi Volkswagen, Daimler e BMW perché non condividono il suo sollecito all’Unione europea affinché conceda aiuti all’industria automobilistica per fare fronte ai problemi di sovracapacità.
DALL’ITALIA ALL’EUROPA - Al centro di un fuoco incrociato di strali polemici e contestazioni (o quanto meno di forti sollecitazioni a dire che cosa intende fare per gli stabilimenti in Italia), l’amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne (al centro nella foto qui sopra) pare voler aprire un altro fronte, o per lo meno distogliere l’attenzione mediatica dalle questioni italiane a quelle europee. Come riporta l'agenzia di stampa Reuters, dall’America, Marchionne ha infatti reiterato le sue accuse alle case tedesche colpevoli di non voler fare fronte comune per chiedere all’Unione europea un contributo nell’affrontare la questione della sovracapacità produttiva dell’industria automobilistica. Un’azione che da tempo Marchionne ritiene indispensabile e sollecita in qualità di presidente di turno dell’Acea, l’associazione dei costruttori d’auto in Europa.
DUE MONDI DIVERSI - Ai solleciti e alle prese di posizione dell’amministratore delegato della Fiat, i gruppi Volkswagen, Daimler e BMW fanno orecchie da mercanti o rispondono negativamente, argomentando con le loro situazioni, tutt’altro che affette da sovracapacità. In effetti mentre per Psa Peugeot Citroën, Renault, Fiat, Opel-GM e Ford il problema esiste ed è pesante, per i tre citati gruppi tedeschi la questione sembra meno presante.
FABBRICHE SOTTOUTILIZZATE - Secondo gli analisti (uno per tutti: l’agenzia di consulenza Alix Partners, che ha recentemente pubblicato uno studio in proposito) quattro stabilimenti su dieci esistenti in Europa soffrono pesantemente del problema di sovracapacità, ossia utilizzano gli impianti al di sotto del 75% delle loro capacità. E in questo quadro sono diversi gli impianti che da tale soglia sono molto lontani. Lo studio di Alix Partner per il 2012 avanza previsioni drammatiche per gli stabilimenti francesi e italiani: 60% il tasso di utilizzazione per i primi, del 54% per quelli in Italia. Con questi dati, peggio che preoccupanti, contrasta il dato medio delle fabbriche tedesche che è dell’89%.
GUADAGNI E PERDITE - Impressionati sono anche i dati relativi al conto economico per ogni auto prodotta. Secondo quanto elaborato dal Center of Automotive Research dell’Università di Duisburg Essen nel primo semestre di quest’anno la Peugeot ha perso 789 euro per veicolo venduto, mentre la Fiat ha “limitato” il danno a 142 euro. Ciò mentre la Volkswagen ha guadagnato 916 euro per veicolo; l’Audi 4.242 euro e la Porsche, addirittura, 16.826 euro.
LA VIA AMERICANA DI MARCHIONNE - Il puntare al contributo dell’Unione europea come sostiene Marchionne - e forse a maggior ragione perché sostenuto da Marchionne, CEO anche del gruppo Chrysler negli Stati Uniti - appare e probabilmente nasconde l’aspirazione ad avere un intervento pubblico del tipo di quello che la Chrysler e la General Motors hanno beneficiato all’esplodere della crisi nel 2008 e 2009. Un intervento che ha portato sì a un forte recupero del tasso di produttività e di utilizzazione degli stabilimenti (dal 63% all’89% di quest’anno) ma con la cancellazione di quattro marche da parte di GM, chiusura di 18 stabilimenti produttivi, la perdita di almeno ventimila posti di lavoro e con un costo per l’amministrazione pubblica pari a 27 miliardi di dollari.
SITUAZIONI MOLTO DIVERSE - I costruttori tedeschi non hanno bisogno di tali interventi pubblici, soprattutto grazie alla loro capacità di essere presenti un po’ in tutti gli scacchieri commerciali del mondo, mentre le altre case sono molto più condizionate dalle vendite nei Paesi del Vecchio Continente. E anche se non ragionano secondo il motto latino “mors tua vita mea”, certo non vedono ragioni per battersi per dare ai concorrenti aiuti che essi non hanno avuto.
CARENZA DI DIALOGO - In questo quadro non stupiscono le divergenze e gli scontri tra i due fronti. Per sostenere la sua tesi Marchionne pare far leva sui numeri produttivi e commerciali, ma pare non cercare in maniera convincente una via politico-diplomatica per ottenere la collaborazione di VW e soci, come dimostra l’episodio di qualche settimana fa, quando si lanciò in un duro attacco al gruppo Volkswagen a proposito della sua politica degli sconti, che costringerebbe a “un bagno di sangue” i concorrenti non forti su altri mercati extraeuropei. Dunque, una questione anche di rapporti politico-diplomatici. E in questo la vicenda europea trova punti in comune con il quadro italiano
fonte:alvolante!
PS: impressionante il dato di Pegeout! che perde più di 700€ per ogni auto venduta!